Conoscere l’osteopatia

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conoscere-l-osteopatia "UNA MEDICINA PER LA PERSONA"

INTRODUZIONE
Si sente parlare spesso di medicine "alternative", "naturali", "manuali": talvolta si passa velocemente oltre giudicando chi pratica queste metodiche gli ennesimi "venditori di illusioni", senza fare nemmeno lo sforzo di conoscere almeno i concetti di base e i campi di applicazione delle varie medicine "alternative".

In realtà l’osteopatia (di cui vogliamo trattare in questo articolo) è una pratica medica che conta ormai oltre cento anni di storia, ma, nonostante tutto, non ha mai ricevuto dalla medicina “ufficiale” l’accoglienza e il riconoscimento che merita, almeno secondo i tanti che la praticano abitualmente come terapeuti o come pazienti.

Fu il medico americano A.T. Still, alla fine del secolo scorso (1874) a coniare il termine Osteopatia, dal greco “osteon” e
“pathos”, ovvero “patologia dell’osso”, partendo dal presupposto che una alterazione anche minima delle articolazioni (struttura) provoca effetti e ripercussioni dannose in tutto l’organismo.

La definizione è sicuramente limitativa, considerando gli ampi campi di applicazione di questa tecnica, non attribuibili esclusivamente al sistema muscolo-scheletrico, e inoltre ha lo svantaggio di confondere le idee.

Chi è l’osteopata? Un manipolatore di ossa, uno che cura l’artrosi, l’osteoporosi, un ortopedico, un reumatologo, un rieducatore, un riabilitatore delle articolazioni? Niente di tutto questo. L’osteopata nasce come nuova figura sanitaria che, pur basandosi sulla materia medica (Still era un medico), si discosta in parte dalla medicina tradizionale per la sua filosofia: egli infatti ricerca le “cause” dei disturbi lamentati dal paziente, più che preoccuparsi di eliminare i sintomi con l’uso di farmaci o della chirurgia.

Questa teoria risale al IV secolo a.C. e si trova già in Ippocrate: “Si cura la persona e non il sintomo derivato dalla malattia”. Nessun medico in effetti contesta il significato letterale di questa affermazione, ma chi la mette in pratica nella vita quotidiana?Chi cura un essere vivente nel suo complesso e non un colon per una colite, uno stomaco per un’ulcera, una schiena per una sciatalgia?

Come già ricordato fu il medico americano A. T. Still, grande anatomista e conoscitore del corpo umano, chirurgo, a coniare il termine osteopatia e a gettare le basi per una tale innovazione in campo medico. Mentre la medicina tradizionale è orientata verso la malattia, privilegiando la “chimica” del corpo e la sua risposta ai farmaci, la professione osteopatica è orientata verso il “paziente che soffre”.

Still ebbe il grande merito di aver creduto in questo e di aver portato avanti la sua filosofia, già allora fortemente osteggiata in tempi in cui i progressi scientifici portavano a settorializzare sempre di più il campo medico. Con la scoperta di mezzi diagnostici sempre più sofisticati, con lo studio sempre più approfondito di organi, tessuti, cellule, molecole, per riuscire ad individuare, alla fine, il farmaco, il rimedio più idoneo per ogni sintomo, per ogni malattia, si andava d’altra parte perdendo la visione più olistica e globale dell’individuo, che invece Still volle a tutti i costi conservare, chiedendosi se poteva esistere un metodo alternativo per curare dolori e malattie senza farmaci.

Egli partiva dalla convinzione che un imperfetto allineamento della struttura muscolo-scheletrica può impedire la libera circolazione del sangue (il fiume della vita) e dei liquidi ostacolando l’equilibrio naturale e le possibilità di difesa spontanea dell’organismo, agendo poi come concausa dello scatenarsi della malattia.

Still scoprì, inoltre, che, lavorando “con le mani”, riusciva a stimolare il RIPRISTINO di questa proprietà “autoriparativa” naturale insita nell’organismo e gettò le basi per una nuova corrente di pensiero in campo medico, giungendo alla formulazione dei tre “principi chiave”, cardini dell’osteopatia:

1)    Unità del corpo
2)    Rapporto tra struttura e funzione
3)    Autoguarigione

1)    Unità del corpo
Il corpo per gli osteopati è una unità biologica le cui parti formano un tutto. E’ il tessuto connettivo che forma l’intelaiatura del corpo, ne mantiene la forma, ne consente i movimenti e mantiene fra le parti i reciproci rapporti che garantiscono la vita. Il tessuto connettivo fa in modo che gli organi rimangano nella loro sede, i liquidi non fuoriescano e il sistema nervoso sia ben protetto. L’uomo è visto nella sua globalità perché è impossibile suddividerlo in parti o sistemi.

L’osso e le fasce originano da un tessuto embrionale comune chiamato mesoderma. Da esso derivano tutti i tessuti che hanno il compito di formare l’impalcatura del corpo e di mettere in relazione i diversi sistemi che compongono l’organismo. La sua caratteristica principale e in qualche modo unica è la facoltà specifica di presentare diversi gradi di densità in rapporto al ruolo che svolgono: sangue e aponevrosi > cartilagine > osso; osso = matrice del sangue.

Il tessuto connettivo ha anche la funzione di trasporto dell’informazione vascolare e nervosa.

2) Rapporto tra struttura e funzione
La struttura governa la funzione e viceversa: laddove la struttura è bloccata, anche la funzione verrà alterata. L’osteopatia quindi cura la funzione intervenendo manualmente sulla struttura. Se c’è una perdita di mobilità in un distretto corporeo (articolazione, viscere, dura madre o altrove) tutto il corpo ne soffre (per il principio dell’unità) e ne risulterà alterata anche la funzione corrispondente, perché il flusso sanguigno e l’informazione nervosa verranno interrotti o alterati dal blocco, creando ripercussioni a distanza e impedendo al corpo di muoversi e di respirare con la sua attività ritmica costante. Se il blocco permane con il tempo si installa la “malattia funzionale”.

Still enunciava: “Le strutture in armonia consentono al sistema nervoso e al sistema circolatorio (cioè al comando e al nutrimento) di funzionare bene. La causa di un disturbo può essere lontana dall’effetto... se si ristabilisce un corpo, riequilibrandone “manualmente” le strutture, la corretta alimentazione e il riposo servono solo ad aiutare la natura a fare il resto……” (per esempio, risolta una sub-lussazione di anca, la persona riprende non solo la deambulazione normale, ma anche un alvo regolare).

3) Autoguarigione
Il corpo è dotato di poteri di autoguarigione.
L’osteopata lavora per eliminare gli ostacoli strutturali, facilitare la corretta circolazione dei liquidi (sangue, linfa, liquor) e confida nella capacità del corpo di trovare in se stesso i propri rimedi (Autoregolazione) e di lottare da solo! Il corpo vuole rimanere, per principio di sopravvivenza, nel comfort, in economia, nello stato di non dolore e all’insorgere di un disturbo riesce con la sua forza vitale ad adattarsi da solo.

Si adatta al disagio fin quando ne è capace: la malattia si installa quando questa capacità è sopraffatta da un nuovo elemento, ad esempio un evento traumatico, uno shock, la cattiva alimentazione, uno stress. Accade così che il corpo non riesce più ad adattarsi e scatena un sintomo qualsiasi. L’osteopata è in grado di intervenire per risolvere il disagio del corpo, risalire alla vera causa, prevenire il disequilibrio, per consentirgli di permanere nel suo normale stato di comfort, economia e non dolore.

DEFINIZIONE
L’Osteopatia è una medicina “dolce”, rapida, economica, non inquinante. E’ un sostegno potente, insostituibile in numerosi casi (è questo forse il motivo per cui non viene riconosciuta “ufficialmente”?), risponde con efficacia ai problemi acuti e cronici, può essere associata con ottimi risultati ad altri trattamenti naturali tra i quali l’omeopatia, l’agopuntura e la naturopatia.

E’ un metodo preventivo, “a mani nude”, specialmente in età neonatale ha risposte efficaci ed immediate per tutti i disturbi dei lattanti e dei bambini da zero a quattro anni, è indirizzata a tutti quelli la cui vita quotidiana è tormentata da dolori senza causa apparente, da cure senza scopo, da malattie croniche non spiegabili.

L’osteopatia vuole eliminare la dipendenza dai farmaci, dai calmanti, eliminare l’abuso di antibiotici che riducono le normali difese dell’organismo e il suo potere di autoregolazione. Elimina i trattamenti locali violenti, sintomatici, consente una diagnosi precoce, un trattamento con effetti immediati e una prevenzione a lungo termine.

Diventare osteopata è molto più che assimilare un insieme di conoscenze o di perfezionare tecniche manipolative specifiche. E’ un processo di sviluppo che consente di diventare strumento intuitivo e percettivo, suscettibile di adattarsi al paziente e di rispondere ai suoi bisogni più veri e profondi.

LA LESIONE OSTEOPATICA
Il “blocco” della struttura di cui si parlava a proposito della seconda legge di Still è quello che gli osteopati ricercano sul tessuto connettivo ovvero la disfunzione osteopatica intesa come “perdita di mobilità”. Questa perdita di mobilità è evidenziata da TEST DI MOBILITÀ nel momento in cui tutti gli elementi della struttura si muovono in modo leggermente anormale, senza che vi sia alterazione dei tessuti (le ossa non sono fratturate, le articolazioni non sono slogate, i tessuti molli non presentano strappi o piaghe).

Quindi per “lesione” non si intende un danno tangibile in senso medico-chirurgico, essa non può essere evidenziata da radiografie, tac o risonanza magnetica: la lesione osteopatica non è “anatomica”, concreta, non si vede ma viene percepita da una mano intelligente e da un tocco esperto.

La lesione osteopatica indica sempre una riduzione di mobilità delle strutture corporee e viene definita nel senso della maggiore ampiezza di movimento. Tale lesione invisibilmente può alterare nel tempo (secondo le leggi di Still) la funzione ad essa correlata: ad esempio, una disfunzione osteopatica testata sul rachide cervicale (perdita di mobilità delle faccette articolari tra occipite e prima vertebra cervicale) può causare disturbi a distanza come cefalea, nausea, difficoltà digestive, vertigini ed altro per compromissione del tragitto vascolo-nervoso a quel livello collegato (arteria vertebrale, arteria carotide, nervo vago, nervi occipitali).

I BLOCCHI ARTICOLARI
sono i principali punti di origine delle lesioni osteopatiche, possono essere causati da traumi recenti o passati, ma anche da alterazioni della dinamica viscerale o cranio-sacrale (i sistemi più profondi e interni del nostro organismo) possono disinformare la struttura articolare.

Ad esempio, una ernia iatale può creare scompensi sulla struttura. In questo caso è la zona cervico-dorsale a soffrire, perché lo stomaco è ad essa collegata per continuità fasciale, vascolare e nervosa. Laddove c’è perdita di mobilità l’osteopata interviene per ristabilire un equilibrio strutturale, viscerale e neuro-vascolare. L’ernia iatale può anche non risolversi come danno anatomico, ma il più delle volte i sintomi (rigurgiti, nausea, gonfiori, digestione lenta) spariscono e il paziente ritrova benessere.

Un sintomo così comune come una SCIATALGIA non è per forza da collegarsi ad un’ernia o ad una protrusione sul rachide lombare. Si può convivere tranquillamente con un’ernia a livello lombare, ma si può iniziare a soffrire nel momento in cui al danno anatomico si aggiungono altri disturbi funzionali: ad esempio un intestino che si muove male e funziona male, un rene bloccato nella sua loggia che non funziona bene, una vescica ingrossata possono far scatenare violente lombosciatalgie senza traumi o altre cause apparenti.

E’ dunque possibile attraverso i test di mobilità e una attenta palpazione dei tessuti evidenziare la lesione osteopatica PRIMARIA (strutturale, viscerale, craniale) cioè il sistema che gerarchicamente presenta la disfunzione dominante e il trattamento agirà proprio su quest’ultima (la vera causa del disturbo).

Per l’osteopata oltre la struttura ogni organo ha una propria mobilità dettata dal suo sviluppo embriologico e comandata dal diaframma. Il diaframma collega la sfera craniale con quella pelvica e tutti gli organi sovra e sottostanti devono respirare e muoversi con una stessa ritmicità (Nel movimento è la vita).

Allo stesso modo le ossa del cranio (secondo gli studi di Sutherland) hanno una propria mobilità comandata dall’Impulso Ritmico Craniale (IRC), cioè da un movimento intrinseco delle membrane nervose che rivestono tutta la scatola cranica, il rachide cervico-dorso-lombare fino all’osso sacro, facendo collegare per continuità anatomica (la dura madre) e per funzionalità (il respiro) il cranio ed il bacino.

Se la ritmicità dell’Impulso Ritmico Craniale è conservata, ci sarà equilibrio, le membrane nervose si muoveranno correttamente, il liquor circolerà in tutti gli spazi interstiziali e l’energia vitale dell’organismo e le sue capacità di difesa verranno preservate.

TRATTAMENTO
In genere chi si avvicina all’osteopatia ha già sperimentato tutto in campo medico senza risultati gratificanti (infiltrazioni, terapie fisiche, farmaci, talvolta anche interventi chirurgici). Sono pazienti che hanno in una tasca un antinfiammatorio e nell’altra un gastroprotettivo o un antidepressivo. Sono persone che non palesano nessuna malattia e per le quali non si riesce a formulare alcuna diagnosi certa!

L’osteopata interviene. Il trattamento richiede “mani che sentono, che pensano, che vedono…”. L’educazione profonda della mano e del tatto associata allo studio pignolo dell’anatomia, della fisiologia, della patologia medica permettono una palpazione osteopatica precisa come un intervento chirurgico.

Il trattamento viene preceduto dall’interrogatorio del paziente, che permette all’osteopata di raccogliere il maggior numero di informazioni riguardanti le condizioni generali di salute del paziente, le sue abitudini alimentari, di conoscere i risultati degli eventuali esami clinici o diagnostici effettuati, l’anamnesi generale.

Una volta evidenziata la storia del paziente inizia l’esame VISIVO (Test posturali: asimmetrie, strein, appoggi plantari, occlusione, posizione nello spazio, forma). Si procede con la PALPAZIONE generale (e non si esamina solo la zona interessata dal sintomo). Si palpa il paziente dalla testa …ai piedi attraverso Test Fasciali.

Sulla zona in maggiore restrizione di mobilità vengono effettuati infine i TEST di MOBILITA’. L’esame osteopatico è così concluso e il trattamento mirerà a ripristinare l’equilibrio con TECNICHE di NORMALIZZAZIONE in quella zona che all’esame ha mostrato maggior interesse. Lo scopo è ancora una volta il ripristino dell’armonia delle strutture e delle funzioni dell’organismo che può così predisporsi al processo di autoguarigione.

Le tecniche di riduzione tolgono i blocchi primari, restituendo la corretta informazione ad organi e tessuti compromessi, eliminando gli ostacoli per una corretta circolazione sanguigna, nutrimento e respirazione. La tecnica da utilizzare è sempre adattata al tipo di lesione e soprattutto al tipo di paziente. Probabilmente la tecnica più nota è una manovra alquanto brusca quale il THRUST, ma questa è solo una delle tante manovre che possono essere eseguite.

INDICAZIONI E CONTROINDICAZIONI
All’osteopata non piace fare diagnosi… L’osteopata tende a curare la persona che soffre ed è in grado di prevenire (prima) e di curare (poi) qualunque disturbo di natura FUNZIONALE. Non fa miracoli, quando lavora con successo è perché il paziente glielo ha permesso. Se il disturbo non è più funzionale ma è patologico metterà un veto al trattamento. Gli esami clinici, di laboratorio, le immagini aiutano a fare una attenta diagnosi differenziale per capire all’inizio di ogni seduta se quel paziente è trattabile o no.

Ad esempio, in caso di ernie discali conclamate con paralisi, assenza di riflessi, atonie muscolari, compressioni neurologiche, infiammazioni gravi, fratture, ipertensioni portali, un osteopata esperto ricorrerà a tecniche manipolative particolarmente “dolci” (come quelle fasciali o di energia muscolare o altre) oppure deciderà di non trattare affatto quel paziente.

Bibliografia:
1.    A.T.STILL: Philosophy of ostheopaty, A.A.O, 1899, U.F.Ganong
2.    A.T.STILL: Filosofia e principi dell’osteopatia, Ed. Castello, 2000.
3.    A.T.STILL: Osteopatia: ricerca e pratica, Ed. Castello, 2000
4.    P.MASTERS D.O.: L’altra medicina: osteopatia, Red Edizioni, 1997
5.    D.FERNANDEZ - P.RAYMOND: L’osteopathie: principes, techniques, application aujourd’hui, Ediz. Rez
6.    J.E.UPLEDGER, Terapia cranio-sacrale, Ediz. Red
7.    W.G.SUTHERLAND, D.O., The cranial bowl, 1998, Ed. Futura
8.    F.LE CORRE – S. TOFFALONI: L’osteopathie, ed. puf. www.quesai-je.com, Collection Encjclopedique
9.    P.TRICOT: Approche tissulaire de l’osteophatie. Un modele du corps conscient, Ed. Sully, 2002
10.    P.TRICOT : Approche tissulaire de l’osteopathie – Livre 2, praticien de la conscience, Ed. Sully, 2005
11.    N. SERGUEEF: La therapie cranio- sacre’ chez l’enfant, Spek Editeur, 1999
12.    L. ISSARTEL: L’ osteopatihe exactement, Ed. Laffont, 1983
13.    I. KORR : Bases phjsiologiques de l’osteopathie, Ed. Frison Roche


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